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martedì 21 febbraio 2012

Ode alla Reina



A molti questo contenitore non dirà nulla. A me e quasi tutti i cubani ha cambiato la vita. Questa Signora qui, io, la devo ringraziare ogni istante della mia vita a Cuba. La presento: si chiama LA REINA. LA REGINA. Ha evitato atti di cannibalismo o allucinazioni da fame.
A Cuba, vista la situazione finanziaria, i pasti vengono generalmente preparati e consumati in casa. Cioè se c'hai attacchi di fame improvvisa e cerchi "qualcosa di buono", non trovi Andrew Howe che ti aspetta col frigo aperto e ti offre un kinder bueno. NO. Immaginandotelo, corri alla "tienda" (ndr il ns carrefour per intenderci) che se sei fortunato ce l'hai sotto casa, altrimenti dista circa 10 miglia e propone due/tre scelte di biscotti importati dal Venezuela o dal Messico a 5 dollari il pacco oppure sempre per 10 miglia ti aggiri per le strade alla ricerca di qualcuno che venda una pizza cubana o pan con lechòn fatto lì per lì ma ti devi augurare che: 1) in quel momento sia dietro il banco e non a casa a guardare la novela 2) che il gas ci sia permanente e non che vada e venga che per fare una pizza ci mette in media dalle tre alle quattro ore 3) Riuscire a contrattare un ottimo prezzo con il tassista che ti offre un passaggio e ti riduce le miglia da percorrere a piedi.  
Altra alternativa è dirottare velocemente verso il Centro dell'Havana dove non solo trovi a pochi centesimi gelati e refrescos ma anche delle delizione frittelle ricoperte di zucchero che solo a guardarle ti ritrovi con i trigliceridi a 1000.

Per tutto il resto c'è la REINA. Compatta, pulita, veloce ed elettrica è stata introdotta da Fidel affinchè le donne cubane e lavoratrici riuscissero ad avere un pasto sempre pronto e riducessero le fatiche dovute all'assenza da casa per lavoro. L'ho vista anche nel barrio di Santiago, dove mancano le mattonelle e le luci per le strade, dove si mantengono aperte le porte affinchè le luci di casa illuminino la "calle". Lei c'era. Qua la mano, Comandate en Jefe!
Cosa fa di strabiliante? Niente, che non sia preparare un pasto in pochi minuti (riso, fagioli, carne o verdura) e mantenerlo caldo....detta così non ha quasi valore. 
Ma se pensi che a Cuba sai quando esci di casa e non quando rientri perchè per farlo devi avere una miriade di coincidenze che ti permettano di rientrare quando sei tu a deciderlo, è una salvezza. Come dire, a Cuba si applicano quasi tutte le leggi di Murphy...l'importante è non disperare e riderci sopra...e sapere che quando torni a casa il pasto è lì bell'e pronto: quasi non ti frega più niente di Andrew Howe.
Ah, naturalmente questo non vale per i turisti che, in caso di raptus da fame raggiungono il più vicino Hotel Mélia Cohiba si fanno un pasto completo anche di aragosta.
Noi però siamo figli della Rivoluzione.  

giovedì 9 febbraio 2012

Taxi

Il mondo dei taxi l'ho scoperto all'Havana. A Roma, con il costo di una corsa ci prendevo 10 tessere metrebus e con il resto shampoo e messa in piega da Jean Luis David. Via i taxi.

Diciamo che la prima emozione la provò il mio portafoglio: poter viaggiare per pochi pesos (moneta nacional) per tutta l'Havana era davvero inebriante! Certo, i mezzi non erano il massimo del comfort: chevrolet del 1953 coi vetri scheggiati che la carglass se li sogna, manovelle dei finestrini perennemente bloccate o vetri a mezz'asta, Silvio Rodriguez a palla e 5/6 persone seduti insieme a te nel sedile posteriore con 35 gradi all'ombra, non ti lasciavano quel senso di solitudine e calma che generalmente si prova salendo su di un taxi, ma a me piaceva.    

In più c'era il fatto che, non potendo parlare per non far sentire il mio accento straniero pena la revoca della licenza al povero "tassinaro", sfoggiavo un sorriso ebete ad ogni parola a me rivolta che però pareva non destare sospetti.










L'incanto si ruppe quando qualcuno notò che non ero una havanera doc. Originale. Ero acquisita. E ancora oggi mi chiedo perchè...sono sarda doc e la differenza non è abissale...ero anch'io strizzata nei panta...boh. Fu così che si sparse la voce, nessuno accettò di farmi salire e girammo a piedi con bimba di otto mesi e otto kg in braccio e pacchi e pacchetti per mezza Havana Vieja alla ricerca un autobus che ci caricasse. Tra l'altro ho scoperto che i cubani fanno la fila per i bus come i tedeschi: uno dietro l'altro. Io sono stata abituata come a Roma, tutti insieme e poi quando apre le porte una spinta de qua, una de là e si entra. Chiudo parentesi.

Così ci trovammo costretti ad adeguarci alle società statali di taxi che fornivano il loro servizio in CUC cioè in dollari, aria condizionata e sedili morbidi di velluto. Non era però la stessa cosa. E un po' Silvio Rodriguez mi mancava.

Così decidemmo di trovare la soluzione e la lampadina si accese quando andammo a trovare il nonno ad Alamar e al nonno lo venne a trovare Leandro. Immaginate un calabrese con accento castillano. Eccolo. E' lui. Non il nonno. Leandro, dico. Esile con capelli mossi neri. E lui si occupo' del nostro rientro a casa dopo la visita. E siccome a Cuba ogni idea, opinione, intimo avvenimento DEVE essere condiviso con familiari, parenti, amici e dirimpettai, la nostra ricerca di un taxi per il rientro a casa non poteva esaurirsi con la semplice chiamata alla società di fornitura taxi. No. Perchè si mettesse in moto il tam tam di aiuto di ricerca del miglior taxi di tutta Alamar abbiamo dovuto attendere quasi due ore, perchè il cugino del fratello del vicino era occupato, l'amico di quello del quindicesimo piano era con la sorella di quella del quattordicesimo e un aiuto di un hermano NON si può rifiutare...quando finalmente, il taxi esce fuori: un pulmino 12 posti del 1970 con tanto di sedili in similpelle vinaccio e aste per sostenersi e EURO 1, altro che filtro antiparticolato, inquinamento quanto basta, TUTTO PER NOI. Il tutto a 5 CUC. Tié, quando si dice che ci vorrebbe un amico...

Ah, un piccolo scorcio di Alamar....


in un altro post vi racconterò di lei...